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DOWNSIZING: Matt Damon si fa piccolo piccolo...

Anche quest'anno la Mostra del Cinema di Venezia è stata inaugurata dalla prima mondiale di un film statunitense, "Downsizing", diretto da Alexander Payne, con Matt Damon, Christoph Waltz, Hong Chau, e Kristen Wiig.


Payne, come sceneggiatore, ha vinto due Oscar nel 2005 e nel 2012, e come regista ha diretto mostri sacri come Jack Nicholson (a proposito di Schmidt) o George Clooney (Paradiso Amaro). I suoi film descrivono in modo ironico e graffiante luci e ombre della società statunitense



Le prime scene del film, come una sorta di prologo, introducono all’ipotesi alla base di tutta la storia, che viene presentata dal prof. Jorgen Asbjørnsen (Rolf Lassgård), con taglio scientifico molto verosimile, ad un convegno su “Human scale and sustainability”. Per poter garantire la sostenibilità del pianeta terra bisogna rimpicciolire gli esseri viventi (circa 10 cm), in modo da poter utilizzare meno risorse e produrre meno consumi. La notizia viene rimbalzata improvvisamente da tutti i media, e raggiunge anche il protagonista Paul Safranek (Matt Damon) mentre si trova in pub, dove alle pareti è evidente un poster con Piazza San Marco (un omaggio casuale a Venezia?).


Non sono tantissimi i film di fantascienza che hanno descritto la ricerca scientifica in modo verosimile, e in quasi tutti (si pensi a The Martian o a Jurassic Park), l’utopia si trasforma ad un certo punto in un incubo, a causa di uno o più fattori che non erano stati considerati. In questo caso però la catastrofe attesa, nonostante non sia difficile da immaginare non arriva mai perché il regista si concentra maggiormente sui cambiamenti interiori del protagonista, alla continua ricerca di se stesso.


Payne utilizza la storia anche per descrivere e denunciare le numerose incongruenze della società contemporanea,negli stati uniti ma non solo. Come nel sogno americano, la città di Gateway sembra il luogo perfetto, con case magnifiche, ricchezza e opulenza ovunque, dove non ci sono violenza e corruzione. Sembra volutamente una città da videogioco come “sim-city”, con colori pastello, erba sempre tagliata, asettica e priva di pericoli. In realtà lo sporco c’è ma è nascosto sotto il tappeto, e vi si annidano egoismo, individualismo, intolleranza. L’america “Big land of opportunity” in realtà è schiava dell’individualismo. “Non essere così americano, ieri hai ballato e riso ma dentro piangevi” dice a Safranek l’amico Dusan (lo straordinario Cristoph Waltz) “qui siamo nel selvaggio west”.


Nel cast, accanto a Damon e Waltz, ci sono numerosi nomi di rilevo, dopo che nel progetto (iniziato nel 2009) sono entrati e poi usciti anche Meryl Streep, Reese Witherspoon, Paul Giamatti, Alec Baldwin e Sacha Baron Cohen.


Bravissima l'attrice Hong Chau, che per interporetare il personaggio di Ngoc Lan Tran ha lavorato a fianco di una persona amputata per poter replicare ogni singola sfumatura dei suoi movimenti per sembrare verosimile.



Molto intensa anche l'interpretazione di Kristen Wiig, che ha sostituito Reese Witherspoon e che a Venezia era anche nel cast di Mother! di Darren Aronofsky (Leone d'oro nel 2008 per "The Wrestler" e nominato all'Oscar come miglior regista nel 2011 per "Il cigno nero").

Tra i “piccoli” uomini troviamo anche Neil Patrick Harris (As I met your mother) James Van Der Beek (Dowson’s Creek) e Laura Dern (Jurassic Park).


Complessivamente si tratta di un film piacevole e di spessore, anche se presenta alcuni punti di debolezza nello sviluppo della storia, e non sembra all'altezza dei suoi predecessori che poi sbancarono agli oscar (Gravity, Il Caso Spotlight, La La Land).

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